La leggenda di
Ciro e Michele
a cura di Wolfy
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Di tragedia in
tragedia.
Non c'è pace per questo calcio. I
pistolotti e la retorica, sempre in agguato in queste
circostanze, riempiono ore e ore di televisione, pagine
e pagine di giornali, ma non potranno cambiare la
realtà: una giovane vita è stata spezzata da un
proiettile "vagante" ed episodi di guerriglia su e giù
per l'italico stivale hanno connotato una giornata
sconvolgente. Insomma, benzina sul fuoco di una guerra
clandestina e strisciante tra stato e frange più estreme
della tifoseria, tra polizia e movimento ultras che in
questi frangenti solidarizza e forma un corpo unico
capace di mettere a ferro e fuoco stadi, pubbliche
piazze, finanche caserme e commissariati di polizia.
Eppure, l'episodio scatenante non ha avuto origine nei
pressi o all'interno di uno stadio. Non ha nulla in
comune con gli episodi che determinarono la morte di
Raciti a Catania. La morte di Gabriele Sandri è stata
causata dalla follia di un agente che, manco
interpretasse la parte di un collerico sceriffo in un
film di Sergio Leone, ha pensato bene di sedare un
tafferuglio tra alcuni tifosi in un Autogrill nei pressi
di Arezzo mettendo mano alla pistola d'ordinanza. Per
giunta dall'altra parte dell'autostrada. E'
agghiacciante dover constatare come quella stramaledetta
pallottola abbia attraversato l'intera sede autostradale
(col conseguente rischio di colpire auto in transito)
prima di colpire a morte un ragazzo di soli 28 anni. Non
valgono mille giustificazioni a motivare un gesto
irresponsabile che ha suscitato orrore in ognuno di noi
e ha sconvolto per sempre l'esistenza dei familiari di
questo ragazzo. Neppure chi cinicamente cataloga queste
vittime come "effetti collaterali" di questo calcio
sempre più malato può accettare che nell'ormai derelitta
Italia si possa ricorrere alle armi in maniera così
scriteriata. Alle forze dell'ordine va la mia più
sincera gratitudine per il preziosissimo ruolo che
svolgono in società, malgrado compensi tutt'altro che
allettanti a fronte di rischi molto alti; ma ciò non può
costituire un paravento alle responsabilità di chi,
oggi, ha colpito a morte un ragazzo nel fiore dei suoi
anni e pieno di vita. E a tal proposito, vorrei
esprimere tutto il mio disgusto e disprezzo nei
confronti di chi nei Tg delle 13 (pertanto a 4 ore
dall'accaduto) ha dipinto Gabriele Sandri come un
"rissoso pluri-pregiudicato per reati specifici", amplificando a dismisura
quelli che poi si sono rivelati essere dei tafferugli
(ovviamente deprecabili) tra gli occupanti di due auto.
Insomma, il maldestro tentativo di giustificare il
ricorso alle armi e l'altrettanto maldestro tentativo di
coprire la verità sull'accaduto. E, purtroppo, in questa
maledettissima domenica, gli errori non dovevano finire
certo qui.
Dipingendo questo tragico episodio come diretta
conseguenza di una gigantesca e pericolosissima rissa
tra opposte tifoserie (quando in realtà neppure gli
stessi agenti avevano capito di cosa si trattasse
esattamente) non si è fatto altro che soffiare
irresponsabilmente sulle già alte fiamme dell'odio
conclamato tra mondo ultras e polizia, offrendo il
fianco a chi coglie al volo ogni minimo pretesto pur di
poter sprigionare tutto quel rancore nei confronti delle
"divise blu" che, in seguito ai fatti di Catania, si è
ulteriormente acuito. Tutto quello che ne è
scaturito e che ha coinvolto lo stadio di Bergamo così
come, in un drammatico tam-tam, tanti altri stadi
italiani fino alla guerriglia urbana di Roma, è la
drammatica conseguenza di una dissennata gestione di una
tragedia che probabilmente con il calcio aveva ben poco
a che spartire.
A dimostrazione che in Italia ormai nulla sembra girare
nel verso giusto, gli operatori della comunicazione (o
chi ha dato loro in pasto le prime notizie), hanno
esasperato una situazione già di per se delicatissima
fin dal primo momento, aggiungendo nero al grigio
attraverso una dissennata quanto temeraria informazione.
E cosa dire della decisione alquanto ottusa di giocare
ugualmente questa giornata calcistica funestata da un
lutto così sconvolgente per tutti noi? Non basta
ribattere che probabilmente sarebbe stato anche peggio
dal punto di vista dell'ordine pubblico se non si fosse
giocato. Al contrario, con la decisione di non fermare
il campionato si è offerto l'altro fianco a chi,
concretamente, ha avuto modo di dimostrare di poter
decretare la sospensione di un incontro e,
potenzialmente, di un campionato. Quasi uno scacco a
quello stato che, poche ore più tardi, era costretto a
subire passivamente l'onta degli assalti alle varie
caserme nella capitale per non peggiorare ulteriormente
una situazione fin troppo incandescente.
Al termine di questa allucinante giornata è facile
supporre che nulla sarà come prima. E non saranno certo
i vari Vespa e Mentana con le rispettive trasmissioni (i
cui ascolti si impenneranno alle stelle) a prospettare
la soluzione a questo pasticciaccio brutto col quale si
misureranno le nostre eccelse autorità a tutti i
livelli. L'impressione è che, finchè in Italia la
certezza del diritto riguarderà solo gli sprovveduti,
finchè corrotti e corruttori la faranno franca, finchè
il potere (sportivo o politico che sia) verrà gestito
secondo logiche affaristiche, finchè i problemi reali e
sempre più allarmanti che riguardano larghissima parte
della polazione non verranno adeguatamente e seriamente
affrontati e risolti, finchè la nostra classe dirigente
(sportiva o politica, tanto è uguale...) non godrà della
necessaria autorevolezza presso la gente comune, il
nostro Paese corre il serio rischio di viverne altre di
queste giornate maledette.
Tuttavia, speriamo possa contribuire a scongiurare
queste pessimistiche conclusioni l'impegno e il
contributo fattivo di ognuno di noi, senza i quali ogni
tentativo di rimettere in carreggiata il carrozzone
Italia sarà destinato a fallire miseramente.
11/11/2007
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